Coronavirus. è lui il nemico invisibile?

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È davvero il Covid-19 il nostro nemico? O il nemico invisibile che tentiamo di combattere siamo proprio noi stessi?

coronavirusDomanda apparentemente assurda, lo so! Eppure, l’arrivo inatteso di questo virus ci ha costretto a metterci a nudo, sbattendoci in faccia tutte le fragilità che caratterizzano la vita quotidiana di ognuno di noi e del nostro intero sistema sociale.

Stiamo vivendo una rivoluzione.

E se le chiamano rivoluzioni un motivo c’è. Revolutio-onis, dal latino, sta per “rivolgimento, ritorno”.

Presto o tardi, tornano sempre. Sovvertono tutto in modo violento e costringono a ricominciare daccapo, guardando in faccia realtà che si ignoravano o si volevano ignorare.

 

Mi viene in mente l’ispettore Javert de I Miserabili, di Victor Hugo. Un uomo capace di vivere solo e unicamente nel sistema e che, messo di fronte alla propria impotenza, non trova poi modo di uscirne se non togliendosi la vita.

E noi, come usciremo da questo dramma? Pur non arrivando a mezzi così estremi (chiaro), saremo in grado di conciliare due parti di una stessa medaglia? Perché per cambiare il mondo là fuori, serve prima fare i conti con se stessi e riconoscere ciò che non va.

 

Il Coronavirus è la miccia esplosiva di questo cambiamento radicale, è causa di dolore e sofferenza, tuttavia, c’è da chiedersi: “contro chi stiamo combattendo? Contro di lui, o contro la nostra inadeguatezza?”

Siamo di fronte al Black Swan dei nostri giorni, il cosiddetto cigno nero, quell’evento inaspettato e imprevedibile capace di sconvolgere l’ordine delle cose. L’arrivo di questa pandemia ci ha costretto a mettere in discussione ogni caposaldo di un sistema che fino a ieri ritenevamo solido e collaudato: il sistema sanitario, industriale, socio-economico… non ha risparmiato nulla.

Al tempo stesso, non passa giorno senza che si torni a dubitare di tutto.

Viviamo con la netta impressione che ogni azione adottata per fronteggiarlo sia inappropriata o insufficiente o inutile. Si continua a sperare di poter tornare indietro, alla stabilità di pochi mesi addietro, rimpiangendo paradossalmente una vita che ritenevamo inadeguata e davamo per scontata.

A ogni modo, indietro non si torna. Si può solo andare avanti.

Pertanto c’è da interrogarsi su cosa si prospetti all’orizzonte.

“Quando il peggio sarà passato ricominceremo a vivere”, si pensa.

Eppure, il peggio deve ancora arrivare. Certo il virus passerà prima o poi, ma a quel punto si dovranno fare i conti con quanto si sarà lasciato alle spalle. E se adesso l’appello comune è l’invito a restare in casa, dopo sarà quello a ricominciare, per ricostruire un sistema che non c’è più.

Passato questo periodo nero, noi non saremo più gli stessi e non lo sarà nemmeno il mondo che conosciamo. Perché quello che stiamo vivendo non è un capitolo di storia come tanti, ma di quelli che segnano il passaggio da un’epoca a un’altra.

Davanti a noi c’è il cambiamento, quello vero. Quale strada prenderà, nessuno può saperlo. Speriamo solo che sarà quella giusta.

Allora, e solo allora, scopriremo se a differenza dell’ispettore Javert sapremo reinventarci.

 

Luci e ombre

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Nella scrittura ho sempre cercato di dare una consistenza ai miei personaggi. Volevo che apparissero così reali da spiccare dalle pagine.

Non so se sono mai riuscito nell’impresa, e di certo non posso essere io a stabilirlo. Tuttavia, con il tempo ho capito una cosa.

Tentare di scandagliare l’anima nel profondo, anche di un personaggio immaginario, è pura illusione. Perché, a dispetto del lavoro certosino che si possa fare a monte, resteranno sempre zone d’ombra a cui nemmeno l’autore saprà dare risposta.

Per racchiudere il concetto in due parole, potrei dire che:

L’anima è come il sole. Vanitosa, si lascia intravedere di riflesso. Ma se l’occhio non demorde lo acceca.

È così! Spesso ci si vorrebbe conoscere più a fondo. Tuttavia, dubito fortemente che una persona possa voler conoscere i suoi aspetti più tetri e perversi; svegliarsi un giorno e scoprire di essere capace di chissà quali misfatti, o rendersi conto di provare sentimenti ignobili, in netto contrasto con l’immagine che ha di sé.

Accade ogni giorno. Basti guardare i tanti fatti di cronaca. Gente, all’apparenza innocua, che dall’oggi al domani compie gesti folli e imprevedibili.

Chi guarda da fuori resta stupito e si limita a dare un giudizio distaccato, nell’assurda convinzione di essere immune.

“Io non potrei mai fare una cosa del genere”, si pensa.

Ma è meglio rassegnarsi. Siamo simili agli iceberg, di cui si scruta a malapena la cima. E forse è meglio così, o chissà cosa si mostrerebbe ai nostri occhi. Potremmo scoprire di essere dei mostri.

È per questo che si scrivono storie. Per spingere lo sguardo un po’ più in là, oltre quel confine oscuro, ma senza il rischio di venire inghiottiti dalle fauci delle tenebre.