L’enigma del Missionario

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UN THRILLER AVVINCENTE, DAI RISVOLTI INASPETTATI.

IL SECONDO VOLUME DELLA SERIE: “LE INDAGINI DEL COMMISSARIO NARDI”.

Dopo L’ombra del castigo,

il commissario Massimo Nardi torna con una nuova avvincente indagine.

Un caso complicato, in cui dovrà fare i conti con l’astuzia del proprio avversario.

Chiamato a indagare su una morte sospetta, il commissario Massimo Nardi si vede costretto a scavare nel passato di una donna scomparsa. Deciso a far luce su aspetti oscuri della sua vita, si imbatte da subito in verità scomode. Non sa di essere a sua volta un bersaglio, succube di un disegno più grande.

Soltanto quando una serie di omicidi inizierà a interferire con l’indagine, si renderà conto di non essere l’unico a interessarsi alla vicenda. Nascosto nell’ombra, c’è il killer che sta terrorizzando la città. Ed è lui a manovrare i fili del gioco.

I media lo hanno soprannominato il Missionario, per via della firma che contraddistingue i macabri delitti: una croce di sangue sulla fronte delle vittime e un versetto biblico all’interno dei cadaveri.

Per Nardi, la sfida con l’assassino diverrà presto una questione personale. Non ha idea di quali motivi lo spingano a uccidere, ma sa per certo che se vorrà batterlo sul tempo, e impedire che scorra altro sangue, dovrà scoprire in fretta quale filo invisibile lo colleghi al suo caso.

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Fuga dal vuoto: Storie di uomini sconfitti

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Insoddisfazione, codardia, inettitudine, sono solo alcuni dei tratti che caratterizzano i personaggi di questa antologia. Uomini prigionieri di se stessi, o del mondo circostante, che nel tentativo di sottrarsi alle complicazioni della vita si ritrovano ad affrontare le paure e le incertezze che segnano l’esistenza di ognuno di noi.
Un viaggio interiore in cui la “fuga” diviene sinonimo di sconfitta, perdita, evasione e spirito di sopravvivenza.

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RASSEGNA STAMPA

L’aspetto più notevole del libro è sicuramente la densità contenutistica dei temi affrontati… Un’ottima raccolta di racconti, nonostante alcune debolezze, scritta da un autore dalla voce e dallo stile definiti e riconoscibili e avviati verso una solida maturità; in mezzo al florilegio di titoli non proprio distinguibili che, ahimè, caratterizza molta della produzione degli emergenti, Fuga dal vuoto riesce a spiccare e a imporsi grazie alla profondità dell’esplorazione dell’animo umano – pur se declinato più verso gli aspetti più oscuri e riprovevoli – e all’espressività riconoscibile dello stile dell’autore, il quale, pur adottando una prosa piana, segmentata in periodi brevi, priva di leziosità, riesce, schivando il pericolo delle frasi fatte e della scontata banalità, a trasmettere se stesso senza divenire ingombrante, inanellando altresì alcune frasi degne della più alta Letteratura.
Un’opera notevole e rischiosa, ricca di spunti di riflessione introspettiva lontani da ogni pretesa di spiegazione o consolatorietà. ~ a cura di Alessandro Marzulli – ViteIntrecciate (Connessioni e ramificazioni culturali)

Scrittura ottima, l’autore padroneggia la lingua e ha una buona capacità di farci entrare subito in ogni racconto, con poche pennellate ma efficaci. Forse leggermente pesante il secondo racconto, dove si poteva tagliare qualcosa, ma si tratta di dettagli quasi irrilevanti e di un parere soggettivo.
Particolarmente riuscito invece l’ultimo, una perla, un piccolo capolavoro in poche pagine, che partendo da una banale giornata al mare riesce a far emergere un altro mare, quello dei sentimenti sepolti nell’animo del protagonista, che si rende conto di non poter cambiare certe costanti della propria vita, una constatazione amara raccontata veramente benissimo.
Apprezzabili comunque tutti i racconti, che fanno sicuramente riflettere, si leggono velocemente ma si prova piacere anche nel rileggerli. ~ a cura di Edoardo Contin – SpazioScritto101

Sette racconti, sette storie diverse, sette uomini alle prese con il “male di vivere”.
La cosa che accumuna i protagonisti delle storie di questo libro è la solitudine, un senso di disagio esistenziale che li rende diversi, incapaci di confondersi con gli altri, di conformarsi a quella che per molti è la normalità di una vita quotidiana, incolore ma serena. Uomini sconfitti, forse, ma dolorosamente pensanti, consapevoli che esiste una possibilità, una via di fuga verso una dimensione dove sentirsi più liberi, più completi ma, tuttavia, incapaci di afferrarla fino in fondo.
In questi racconti di Jacques Oscar Lufuluabo la trama, gli avvenimenti dei personaggi passano in secondo piano, sembrano quasi un pretesto, un contesto generico dove l’autore innesta i suoi flussi di coscienza, le riflessioni sulla vita, sui legami e le relazioni, un mondo claustrofobico ben metaforizzato dalle gabbie dello zoo citate in una delle storie. Bella la prosa, a tratti serrata, in altri più distesa, sempre ricercata e mai banale. Complimenti. ~ a cura di Roberto Bonfanti – Chiacchiere e distintivo
Fuga dal vuoto


Leggere per comunicare, leggere per vivere

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La comunicazione, elemento essenziale di qualsivoglia società, è legata in modo imprescindibile al punto cardine su cui grava la sopravvivenza di ogni specie vivente, ossia, l’esigenza di interagire. Esigenza che si accentua e si evolve nella complessità della figura umana, che – evidentemente non appagata dal proprio linguaggio multiforme – continua a elaborare mezzi sempre più variegati e dalle sfaccettate interpretazioni, innalzando così l’asticella nel grado di difficoltà.

Per quanto ogni campo creativo ben si presti a tali scopi, è innegabile che la forma scritta si ritagli un posto di prestigio tra le proprie cugine d’arte.

L’invenzione della scrittura rappresenta infatti l’elemento predominante, nell’evoluzione sociale, che ha permesso all’uomo di allargare i propri orizzonti, consentendo a nozioni e idee di propagarsi nello spazio e nel tempo.

I libri sono sempre stati il mezzo di conservazione, e al contempo il veicolo, di tutta la conoscenza umana. E un libro, come ogni altro mezzo comunicativo, offre stadi interpretativi che variano in base a ciò che intende trasmettere, del come voglia farlo, del grado di urgenza, ma soprattutto, del perché: fattore che influenza tutti quelli prima citati.

Benché tale principio trovi la stessa valenza nella persona che scrive quanto in colui che legge, – poiché la scrittura non è un mezzo unidirezionale – voglio soffermarmi sulla figura del lettore, limitandomi a fare una semplice distinzione tra due tipologie: chi legge nella necessità di informarsi, per trovare soluzioni a determinate esigenze, e chi legge per il semplice piacere di farlo.

L’appartenenza all’una o all’altra categoria è una pura variabile, determinata di volta in volta dal “perché”, dalle motivazioni che ci spingono a prendere un libro tra le mani.

Come per ogni singolo gesto, l’obiettivo per cui si compie un’azione è ciò che determina il modo di approcciarsi. E, nell’atto di leggere, le regole non cambiano.

Se lo scopo è quello di apprendere, cercare informazioni specifiche, il metodo di lettura richiederà un’attenzione particolare, come la rilettura di determinati passaggi, un’analisi del contenuto, assimilazione e via dicendo; mentre laddove il fine è quello di soddisfare un piacere, l’approccio al testo diviene più superficiale e a prevalere sono creatività, empatia, e tutta la sfera emozionale.

Pertanto, a seconda che ci si trovi nell’uno o nell’altro caso, andremo ad attivare differenti zone del cervello. Unico elemento comune, tra i due contesti, sarà l’interazione tra scrittore e lettore.

Forse la constatazione potrà apparire ovvia. Ma c’è da chiedersi: “Con chi si interagisce realmente? Tutto inizia e finisce nel semplice testo, limitando lo scambio tra chi scrive e chi legge?”

Personalmente, ritengo che la questione non sia così scontata.

Identificare nello scrittore colui che invia il messaggio e nel lettore il ricevente finale è un’interpretazione, a mio avviso, assai limitativa, se non del tutto erronea.

Leggere e scrivere sono due facce della stessa medaglia, due differenti modi di approcciare il testo scritto, dove a inviare e ricevere un messaggio sono entrambe le parti.

In ambedue i casi ci si interfaccia con l’ambiente circostante e lo si confronta col proprio mondo interiore.

Di conseguenza, allo scambio tra due differenti individui, si aggiunge lo scambio tra sé e sé, perché per assorbire un’idea, per quanto inconsciamente, occorre sempre scartarne un’altra, o quantomeno riformularla.

Chi scrive assorbe nozioni dall’esterno, le elabora, e si rivolge infine a un pubblico immaginario, semplice riflesso del proprio Io.

E chi legge? Non è forse contaminato, tanto o poco che sia, da ideologie esterne che dovrà a suo turno elaborare e rendere proprie, per poi esternarle seguentemente sotto nuova forma?

In fondo, chi legge è chiamato a sua volta a scrivere una storia, disegnando con la propria immaginazione ambienti, personaggi e situazioni, anch’essi unici e irripetibili in quanto frutto dell’individualità.

Per quanto mi riguarda, mi piace pensare alla scrittura e alla lettura come una sola anima, un percorso spazio-temporale – in cui si ritrovano gli uomini di ieri, di oggi e di domani – lungo il quale un messaggio si modifica e si evolve per dar vita al successivo.

Ecco perché ritengo che la lettura non vada intesa come puro piacere personale, o mera necessità all’occorrenza, bensì come diritto/dovere di ognuno. Dovremmo sentirci tenuti a leggere affinché l’esperienza di chi ci ha preceduti non vada perduta né ignorata, e per far sì che un messaggio universale, di bisogno reciproco, possa proseguire il proprio viaggio verso le generazioni future.

Certo si potrebbe obiettare che anche guardando un film, recandosi a una mostra d’arte, ascoltando musica e via discorrendo, si ottempera a tale compito. Il che è verissimo. Tuttavia, sarebbe un po’ come paragonare una partita di tennis a una nuotata in piscina. In entrambe le situazioni parliamo di sport; alleniamo i muscoli del corpo. Eppure, se nel primo caso ne attiviamo solo alcuni, nuotando li risvegliamo tutti.

Lo stesso avviene nella lettura, che proprio quale arte più povera, in quanto priva di ogni filtro sensoriale, ci costringe a dare il massimo per essere percepita.

Si potrebbe quasi dire che, per essere vista e udita, annusata e assaporata e palpata, la lettura tragga spunto dalle regole filosofiche del buddismo (anzi, l’inverso, visti i suoi albori di gran lunga più antichi), dove la privazione è alla base dell’illuminazione.

Benché tale concetto sia rintracciabile anche nel cristianesimo, che contrappone la povertà materiale alla ricchezza spirituale, il riferimento al buddismo, e all’illuminazione, è cercato e voluto. Stando alle interpretazioni, in effetti, tale stato eccelso altro non sarebbe che la fusione della saggezza soggettiva con la realtà oggettiva, per il raggiungimento della piena comprensione del tutto.

Paragonato con quanto sopraddetto, viene quindi da chiedersi se tale interconnessione, tra l’interiorità e la sua esteriorizzazione, non sia a conti fatti il fine ultimo della lettura.

Probabilmente, non troveremo mai una risposta esaustiva a questa domanda e, chissà, forse è meglio così. In fin dei conti, è lì che risiede la magia di un libro.

Perciò, lasciamo all’arte il suo alone di mistero e continuiamo a goderci i suoi magnifici doni. Leggere basta e avanza.

Riguardo al perché… Che ognuno dia la risposta che preferisce.

L’ultimo giro

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Quella di Giorgio è una vita distrutta. Disoccupato da anni, privo ormai di ogni autostima, vive all’ombra della moglie, suo ultimo riferimento col mondo. Incolpare lei, per sfuggire ai rimpianti, è il solo modo di affrontare un’esistenza insignificante. Ma il dolore non si può ignorare per sempre. Spinto agli estremi, Giorgio dovrà presto guardarsi allo specchio e far fronte a eventi tragici dai quali non potrà più tornare indietro.

“La vita è un giro di roulette, dove a scegliere è una pallina capricciosa. Uno stupido gioco in cui si punta per poi vedere come andrà a finire”.

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L'ultimo giro


L’ombra del castigo

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PERSONAGGI ENIGMATICI, UNA TRAMA AVVINCENTE, TANTA SUSPENSE E COLPI DI SCENA

Crederai di aver capito tutto, ma basterà voltare pagina per scoprire che il gioco è ancora aperto.

Finalista de ilmioesordio 2018  (Gruppo GEDI – Newton Compton Editori – Scuola Holden)

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Nel tranquillo istituto VitaNuova, una comunità di recupero per tossicodipendenti, la quotidianità viene stravolta dall’improvviso omicidio di una giovane psicologa.

Coloro che lavorano al centro sembrano condurre delle vite ordinarie e slegate tra loro, ma solo in apparenza.

Nessuno è come appare. Tutti celano segreti.

In una danza di intrighi emergono verità nascoste che annodano l’uno agli altri. Le vesti ipocrite, indossate da ciascuno dei personaggi, vanno lentamente a dissiparsi per mostrare le meschinità che li rendono al contempo vittime e artefici di indicibili misfatti.

Due sorelle, una coppia di amanti, un matrimonio fasullo generano un mix esplosivo in cui l’amore è travolto dall’odio. Una storia tragica e vitale dove passione, tradimento, ricatto e vendetta portano al limite la vita dei personaggi. Il tutto denso di ipocrisie che risulteranno la miccia esplosiva di eventi drammatici.

A seguire le indagini sarà il commissario Nardi, che per far luce sul caso si vedrà costretto a sua volta a fare i conti col passato.

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Rassegna stampa

C’è anima che pulsa in questo libro, c’è una malinconia che lo attraversa con un sottile inalterato lamento, una nenia oscura che avvolge e dona il senso di angoscia propria dei vinti che, pur tentando di risalire, sono sempre più inglobati da un fango vischioso e al tempo stesso attraente. – Les Fleurs du Mal
La costruzione di questo thriller ambientato in Italia, è tecnicamente sullo stile americano, corretto in tutte le sue forme. I discorsi e le descrizioni ci danno l’opportunità di leggere velocemente, senza mai mettere il punto, bensì, di trovarsi già al capitolo successivo senza nemmeno essersene accorti. Jacques Oscar Lufuluabo usa un linguaggio adatto per ogni suo personaggio, usa i termini giusti al momento giusto, psicologia al massimo livello che lascia sempre quella suspense tipica di un buon thriller. Se non si conoscesse l’Autore o il titolo del libro, per gli amanti del genere, il thriller L’Ombra del Castigo potrebbe essere scambiato per un libro di John Grisham o Jeffery Deaver. – Passione Lettura
Un giallo insolito, dalle sfumature di un thriller, in cui si nota il buon lavoro svolto nella costruzione delle fondamenta del romanzo che, se all’inizio può apparire un po’ lento, vede poi, soprattutto nella seconda parte, ogni tassello andare al suo posto con precisione. – SoloLibri.net

Disponibile in ebook e in formato cartaceo.

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L'ombra del Castigo