Coronavirus. è lui il nemico invisibile?

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È davvero il Covid-19 il nostro nemico? O il nemico invisibile che tentiamo di combattere siamo proprio noi stessi?

coronavirusDomanda apparentemente assurda, lo so! Eppure, l’arrivo inatteso di questo virus ci ha costretto a metterci a nudo, sbattendoci in faccia tutte le fragilità che caratterizzano la vita quotidiana di ognuno di noi e del nostro intero sistema sociale.

Stiamo vivendo una rivoluzione.

E se le chiamano rivoluzioni un motivo c’è. Revolutio-onis, dal latino, sta per “rivolgimento, ritorno”.

Presto o tardi, tornano sempre. Sovvertono tutto in modo violento e costringono a ricominciare daccapo, guardando in faccia realtà che si ignoravano o si volevano ignorare.

 

Mi viene in mente l’ispettore Javert de I Miserabili, di Victor Hugo. Un uomo capace di vivere solo e unicamente nel sistema e che, messo di fronte alla propria impotenza, non trova poi modo di uscirne se non togliendosi la vita.

E noi, come usciremo da questo dramma? Pur non arrivando a mezzi così estremi (chiaro), saremo in grado di conciliare due parti di una stessa medaglia? Perché per cambiare il mondo là fuori, serve prima fare i conti con se stessi e riconoscere ciò che non va.

 

Il Coronavirus è la miccia esplosiva di questo cambiamento radicale, è causa di dolore e sofferenza, tuttavia, c’è da chiedersi: “contro chi stiamo combattendo? Contro di lui, o contro la nostra inadeguatezza?”

Siamo di fronte al Black Swan dei nostri giorni, il cosiddetto cigno nero, quell’evento inaspettato e imprevedibile capace di sconvolgere l’ordine delle cose. L’arrivo di questa pandemia ci ha costretto a mettere in discussione ogni caposaldo di un sistema che fino a ieri ritenevamo solido e collaudato: il sistema sanitario, industriale, socio-economico… non ha risparmiato nulla.

Al tempo stesso, non passa giorno senza che si torni a dubitare di tutto.

Viviamo con la netta impressione che ogni azione adottata per fronteggiarlo sia inappropriata o insufficiente o inutile. Si continua a sperare di poter tornare indietro, alla stabilità di pochi mesi addietro, rimpiangendo paradossalmente una vita che ritenevamo inadeguata e davamo per scontata.

A ogni modo, indietro non si torna. Si può solo andare avanti.

Pertanto c’è da interrogarsi su cosa si prospetti all’orizzonte.

“Quando il peggio sarà passato ricominceremo a vivere”, si pensa.

Eppure, il peggio deve ancora arrivare. Certo il virus passerà prima o poi, ma a quel punto si dovranno fare i conti con quanto si sarà lasciato alle spalle. E se adesso l’appello comune è l’invito a restare in casa, dopo sarà quello a ricominciare, per ricostruire un sistema che non c’è più.

Passato questo periodo nero, noi non saremo più gli stessi e non lo sarà nemmeno il mondo che conosciamo. Perché quello che stiamo vivendo non è un capitolo di storia come tanti, ma di quelli che segnano il passaggio da un’epoca a un’altra.

Davanti a noi c’è il cambiamento, quello vero. Quale strada prenderà, nessuno può saperlo. Speriamo solo che sarà quella giusta.

Allora, e solo allora, scopriremo se a differenza dell’ispettore Javert sapremo reinventarci.

 

La punteggiatura. All’inizio era caos

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Una scenetta ironica sui segni d’interpunzione e la gerarchia che li governa.

 

punteggiatura

– Basta – sentenziò il Punto.

– Un attimo – disse la Virgola.

– Be’, facciamo anche due – suggerì il Punto e Virgola.

– Ma per cosa? – chiesero i Due Punti.

– Le domande le faccio io – si stizzì il Punto Interrogativo.

– Fatela finita! Adesso basta! – proruppe il Punto Esclamativo.

– Ah, strilla il pallone gonfiato – gli ribatterono i Tre Puntini. – Sai solo dar ragione al Punto. Se non poggiassi su di lui saresti una stanghetta insignifican…

Ai Tre Puntini mancò il coraggio di terminare e tacquero.

All’improvviso, fu chiaro a tutti come stessero le cose. Se qualcuno poteva fare a meno degli altri, quello era il Punto.

Così, quando questo tornò a dire “basta”, nessuno osò replicare. Perfino la Frase si chinò al suo cospetto. Nel timore di dover vagare all’infinito, scese di un gradino e riprese dalla riga successiva.

Luci e ombre

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Nella scrittura ho sempre cercato di dare una consistenza ai miei personaggi. Volevo che apparissero così reali da spiccare dalle pagine.

Non so se sono mai riuscito nell’impresa, e di certo non posso essere io a stabilirlo. Tuttavia, con il tempo ho capito una cosa.

Tentare di scandagliare l’anima nel profondo, anche di un personaggio immaginario, è pura illusione. Perché, a dispetto del lavoro certosino che si possa fare a monte, resteranno sempre zone d’ombra a cui nemmeno l’autore saprà dare risposta.

Per racchiudere il concetto in due parole, potrei dire che:

L’anima è come il sole. Vanitosa, si lascia intravedere di riflesso. Ma se l’occhio non demorde lo acceca.

È così! Spesso ci si vorrebbe conoscere più a fondo. Tuttavia, dubito fortemente che una persona possa voler conoscere i suoi aspetti più tetri e perversi; svegliarsi un giorno e scoprire di essere capace di chissà quali misfatti, o rendersi conto di provare sentimenti ignobili, in netto contrasto con l’immagine che ha di sé.

Accade ogni giorno. Basti guardare i tanti fatti di cronaca. Gente, all’apparenza innocua, che dall’oggi al domani compie gesti folli e imprevedibili.

Chi guarda da fuori resta stupito e si limita a dare un giudizio distaccato, nell’assurda convinzione di essere immune.

“Io non potrei mai fare una cosa del genere”, si pensa.

Ma è meglio rassegnarsi. Siamo simili agli iceberg, di cui si scruta a malapena la cima. E forse è meglio così, o chissà cosa si mostrerebbe ai nostri occhi. Potremmo scoprire di essere dei mostri.

È per questo che si scrivono storie. Per spingere lo sguardo un po’ più in là, oltre quel confine oscuro, ma senza il rischio di venire inghiottiti dalle fauci delle tenebre.

L’ombra del castigo: Finalista ilmioesordio 2018

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L’ombra del Castigo tra i finalisti selezionati dalla Scuola Holden

 

attestato di merito

 

Si è conclusa la settima edizione del premio ilmioesordio, il concorso letterario nazionale indetto dal Gruppo GEDI in collaborazione con i suoi partner:

  • Newton Compton Editori e la Scuola Holden per la sezione narrativa
  • Festival Internazionale di Poesia per le opere di poesia
  • Scuola Internazionale di Comics per la sezione fumetto
  • L’Espresso per le opere di saggistica

 

Anche quest’anno la partecipazione è stata molto ampia. Anzi! Forse più del solito. Le migliaia di titoli in gara hanno comportato ritardi sull’esito finale, rendendo l’attesa più lunga del dovuto.

Dapprima fissato per giugno, infatti, l’annuncio delle opere finaliste è arrivato solo nel mese di ottobre e, infine, a dicembre sono stati annunciati i singoli vincitori per le rispettive categorie.

 

Nella rosa dei titoli finalisti, L’ombra del castigo è stata selezionata dai redattori della Scuola Holden.

 

Ebbene sì! L’ombra del castigo è riuscita a entrare in finale, ma, ahimé, purtroppo nell’ultima cernita non ha raggiunto il podio dei vincitori.

Tirando quindi le somme, cosa posso dire?

Arrivare in finale è stata una grande soddisfazione. Chiaro!
Tuttavia, per non essere ipocrita, devo riconoscere il senso di delusione che si accosta al piacere.

Lo so, lo so! Il vincitore può essere solo uno. Però… c’è poco da fare. Quando si partecipa a una competizione lo si fa con la speranza di vincere.

In realtà, se devo dirla tutta, quando mi iscrissi al concorso non credevo nemmeno di poter vedere il mio libro nella rosa dei finalsti. Un po’ come i biglietti della lotteria: si gioca, si spera, ma al tempo stesso si pensa di illudersi. Chissà! Forse è una sorta di autodifesa che un po’ tutti applichiamo inconsciamente, nell’affrontare una sfida all’apparenza troppo grande. Annientare la sconfitta prima del tempo, cosicché, semmai dovesse arrivare, la ferita non bruci più di tanto.

A ogni modo, una volta superato il primo traguardo, tutto è cambiato.
I titoli contro cui competere non erano più migliaia, ma una piccola manciata, così ho cominciato a crederci per davvero. Ho iniziato a dire a me stesso che potevo farcela e l’illusione si è tramutata in convincimento. Almeno fino all’esito finale, quando la vittoria è sfumata. Allora sì che la ferita ha preso a bruciare.

Per fortuna la vita va avanti e, a conti fatti, non posso certo lamentarmi. Una mezza vittoria è meglio di una sconfitta. In fondo, ogni riconoscimento è un incentivo a fare meglio, un motivo in più per impegnarmi e continuare a scrivere. Per cui per ora mi accontento e vado avanti. Poi, domani si vedrà!

Anzi! Rettifico. Non mi accontento.

Chi si accontenta non avanza, ma resta dove sta.

Perciò no, non mi accontento.

Prima lo leggi poi lo paghi… se ti va

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50 E-BOOK IN REGALO

Oggi ho deciso di fare un esperimento: “regalare” 50 copie ebook del mio romanzo L’ombra del castigo.

Perché ho scritto regalare tra virgolette?

Semplice. Come ho scritto sopra, si tratta di un esperimento e come tale avrà il fine di confermare o smentire determinate opinioni.

Sono convinto che un lettore possa ben immaginare il gran lavoro che c’è dietro la stesura di un romanzo e al tempo stesso sono consapevole che i libri hanno un costo.

Comprare al buio non è semplice, specie quando non si conosce l’autore.

Pertanto il patto che ti propongo è questo: io ti invierò senza alcuna pretesa una copia del mio romanzo e tu, dopo averlo letto, dovrai fare una scelta: se acquistarlo o meno.

A questo punto dovrai fare i conti solo con te stesso.

Se sei una persona onesta, e il libro ti sarà piaciuto, potrai andare su Amazon o su qualsiasi altro Store on-line e acquistare una copia del libro, così da ripagare il mio lavoro. Sempre lì, potrai lasciare un commento, una breve recensione per dare le tue impressioni al riguardo (purché sinceri, sono ben accetti anche pareri negativi).

Spero di no, ma se per le tue possibilità, anche una spesa minima facesse la differenza, be’, in quel caso sentiti a posto così. Il libro te lo regalo per davvero e di tutto cuore.

Per tutti gli altri, quelli che a pagare non ci pensano a prescindere, spero comunque che la lettura vi avrà appassionato e vorrete perlomeno recensire il libro in modo onesto.

Come partecipare?

1)

Puoi partecipare tramite Facebook, Twitter, Google+, Goodreads o aNobii.

– Da Facebook, condividi questo post sul tuo diario e tagga la mia pagina @LOMBRAdelCASTIGO o il mio profilo personale @Jol Oscar

– Da Twitter fai un retwitt e citami con @OscarLufuluabo

– Da Google+ fai più uno e menzionami con @Oscar Lufuluabo

– Da Goodreads o aNobii aggiungi il libro alla tua libreria

2)

Torna a questo articolo sul mio blog, scrivi “Fatto” nei commenti e specifica il formato che preferisci, epub o mobi. Ti invierò l’ebook all’indirizzo e-mail da cui hai scritto.

La kryptonite uccide gli scrittori

Libri, Varie

Quanti libri ha scritto quel tale? Forse tre, cinque, una decina, ma cosa importa? Anche fossero trenta, non basterebbe questo a renderlo uno scrittore agli occhi di molti lettori. Certo, sarebbe uno che scrive libri, ma guai a chiamarlo scrittore; c’è il rischio che qualcuno storca il naso.

Scrittore; parola astrusa da prendere con le pinze. Al giorno d’oggi occorre notorietà per potersi fregiare di tale titolo.

C’è poco da fare. A conti fatti, è la fama a fare la differenza tra uno scrittore (con la S maiuscola) e uno scribacchino, non certo ciò che si scrive né tanto meno come lo si fa.

Rassegnatevi amici “scrittori”, questa è la realtà nella quale viviamo. Agli occhi di tanti e tanti lettori, siamo gente che arranca, arrivisti e manipolatori; siamo quelli che dietro a una recensione positiva nascondono chissà quali loschi complotti. Perché è chiaro come il sole che, se qualcuno lascia quattro o cinque stelle dopo aver letto il nostro libro, qualcosa dietro ci deve essere per forza. Siamo un ammasso d’erbaccia cattiva che va falciata dal prato, per non contaminare la letteratura genuina che ci circonda.

Noi siamo quelli che a fare gli scrittori ci provano, ma non ci riescono, perché per fare gli scrittori non si può essere gente comune, ma occorrono i super-poteri, e questo i lettori lo sanno bene.

Quindi tenetelo a mente: ancor prima di prendere la penna in mano, mostrate alla gente ciò che sapete fare di tanto speciale.

Il giorno che volerete come Superman o vi arrampicherete sui muri come l’Uomo Ragno, o magari diventerete verdi dopo un’incazzatura di troppo e i muscoli cominceranno a rigonfiarsi facendo esplodere gli indumenti che avete indosso, allora, e solo allora, potrete dar sfogo alla vostra passione per la scrittura.

Fino a quel giorno, però, non sprecate tempo, perché a prendervi sul serio saranno solo gli stolti, i pochi sprovveduti che ignorano ancora tali banalità, convinti che per poter essere uno scrittore basti una penna e un po’ di fantasia, passione, tanta voglia di fare e magari un pizzico di talento.

Come si dice? Il tempo è denaro. Perciò, datemi retta, non sprecatelo a rincorrere sogni impossibili. Scrivete se volete, ma fatelo in segreto, così da non turbare la sensibilità di nessuno.

Tuttavia, se proprio non volete rassegnarvi, perché appartenete alla cerchia degli irriducibili e non vi piegate nemmeno all’evidenza, non vi rimane che la seconda opzione: diventare famosi.

Quindi, che dire? Uccidete qualcuno, rapinate una banca, incatenatevi nudi davanti al Parlamento, spargete la voce di essere stati seviziati da un branco di vecchiette assatanate… Insomma, siete scrittori, no? Di certo la fantasia non vi manca e i modi per farsi notare sono tanti. Tutto fa notizia.
Quando la vostra faccia apparirà su un tg nazionale o in qualche talk show, avrete raggiunto il vostro scopo. Vedrete che gli editori faranno la fila e i lettori altrettanto. A quel punto saranno gli altri a chiamarvi scrittori, mentre voi sarete persino liberi di scrivere obbrobri, se questo dovesse farvi piacere, perché uno Scrittore lo si può criticare, contestare, persino deridere, ma resta sempre uno scrittore.

Poadcast – ascolta un estratto de L’ombra del castigo

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© Rosanna Lia

In questo poadcast potrai ascoltare un estratto de L’ombra del castigo.

Di sicuro non basterà a farti immergere nelle atmosfere del romanzo, ma sarà sufficiente a mostrarti un piccolo squarcio di vita del commissario Nardi. Qui lo troverai al di fuori delle vicende polizesche, solo in casa, a fare i conti con la propria coscienza.

Buon ascolto!

Leggere per comunicare, leggere per vivere

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La comunicazione, elemento essenziale di qualsivoglia società, è legata in modo imprescindibile al punto cardine su cui grava la sopravvivenza di ogni specie vivente, ossia, l’esigenza di interagire. Esigenza che si accentua e si evolve nella complessità della figura umana, che – evidentemente non appagata dal proprio linguaggio multiforme – continua a elaborare mezzi sempre più variegati e dalle sfaccettate interpretazioni, innalzando così l’asticella nel grado di difficoltà.

Per quanto ogni campo creativo ben si presti a tali scopi, è innegabile che la forma scritta si ritagli un posto di prestigio tra le proprie cugine d’arte.

L’invenzione della scrittura rappresenta infatti l’elemento predominante, nell’evoluzione sociale, che ha permesso all’uomo di allargare i propri orizzonti, consentendo a nozioni e idee di propagarsi nello spazio e nel tempo.

I libri sono sempre stati il mezzo di conservazione, e al contempo il veicolo, di tutta la conoscenza umana. E un libro, come ogni altro mezzo comunicativo, offre stadi interpretativi che variano in base a ciò che intende trasmettere, del come voglia farlo, del grado di urgenza, ma soprattutto, del perché: fattore che influenza tutti quelli prima citati.

Benché tale principio trovi la stessa valenza nella persona che scrive quanto in colui che legge, – poiché la scrittura non è un mezzo unidirezionale – voglio soffermarmi sulla figura del lettore, limitandomi a fare una semplice distinzione tra due tipologie: chi legge nella necessità di informarsi, per trovare soluzioni a determinate esigenze, e chi legge per il semplice piacere di farlo.

L’appartenenza all’una o all’altra categoria è una pura variabile, determinata di volta in volta dal “perché”, dalle motivazioni che ci spingono a prendere un libro tra le mani.

Come per ogni singolo gesto, l’obiettivo per cui si compie un’azione è ciò che determina il modo di approcciarsi. E, nell’atto di leggere, le regole non cambiano.

Se lo scopo è quello di apprendere, cercare informazioni specifiche, il metodo di lettura richiederà un’attenzione particolare, come la rilettura di determinati passaggi, un’analisi del contenuto, assimilazione e via dicendo; mentre laddove il fine è quello di soddisfare un piacere, l’approccio al testo diviene più superficiale e a prevalere sono creatività, empatia, e tutta la sfera emozionale.

Pertanto, a seconda che ci si trovi nell’uno o nell’altro caso, andremo ad attivare differenti zone del cervello. Unico elemento comune, tra i due contesti, sarà l’interazione tra scrittore e lettore.

Forse la constatazione potrà apparire ovvia. Ma c’è da chiedersi: “Con chi si interagisce realmente? Tutto inizia e finisce nel semplice testo, limitando lo scambio tra chi scrive e chi legge?”

Personalmente, ritengo che la questione non sia così scontata.

Identificare nello scrittore colui che invia il messaggio e nel lettore il ricevente finale è un’interpretazione, a mio avviso, assai limitativa, se non del tutto erronea.

Leggere e scrivere sono due facce della stessa medaglia, due differenti modi di approcciare il testo scritto, dove a inviare e ricevere un messaggio sono entrambe le parti.

In ambedue i casi ci si interfaccia con l’ambiente circostante e lo si confronta col proprio mondo interiore.

Di conseguenza, allo scambio tra due differenti individui, si aggiunge lo scambio tra sé e sé, perché per assorbire un’idea, per quanto inconsciamente, occorre sempre scartarne un’altra, o quantomeno riformularla.

Chi scrive assorbe nozioni dall’esterno, le elabora, e si rivolge infine a un pubblico immaginario, semplice riflesso del proprio Io.

E chi legge? Non è forse contaminato, tanto o poco che sia, da ideologie esterne che dovrà a suo turno elaborare e rendere proprie, per poi esternarle seguentemente sotto nuova forma?

In fondo, chi legge è chiamato a sua volta a scrivere una storia, disegnando con la propria immaginazione ambienti, personaggi e situazioni, anch’essi unici e irripetibili in quanto frutto dell’individualità.

Per quanto mi riguarda, mi piace pensare alla scrittura e alla lettura come una sola anima, un percorso spazio-temporale – in cui si ritrovano gli uomini di ieri, di oggi e di domani – lungo il quale un messaggio si modifica e si evolve per dar vita al successivo.

Ecco perché ritengo che la lettura non vada intesa come puro piacere personale, o mera necessità all’occorrenza, bensì come diritto/dovere di ognuno. Dovremmo sentirci tenuti a leggere affinché l’esperienza di chi ci ha preceduti non vada perduta né ignorata, e per far sì che un messaggio universale, di bisogno reciproco, possa proseguire il proprio viaggio verso le generazioni future.

Certo si potrebbe obiettare che anche guardando un film, recandosi a una mostra d’arte, ascoltando musica e via discorrendo, si ottempera a tale compito. Il che è verissimo. Tuttavia, sarebbe un po’ come paragonare una partita di tennis a una nuotata in piscina. In entrambe le situazioni parliamo di sport; alleniamo i muscoli del corpo. Eppure, se nel primo caso ne attiviamo solo alcuni, nuotando li risvegliamo tutti.

Lo stesso avviene nella lettura, che proprio quale arte più povera, in quanto priva di ogni filtro sensoriale, ci costringe a dare il massimo per essere percepita.

Si potrebbe quasi dire che, per essere vista e udita, annusata e assaporata e palpata, la lettura tragga spunto dalle regole filosofiche del buddismo (anzi, l’inverso, visti i suoi albori di gran lunga più antichi), dove la privazione è alla base dell’illuminazione.

Benché tale concetto sia rintracciabile anche nel cristianesimo, che contrappone la povertà materiale alla ricchezza spirituale, il riferimento al buddismo, e all’illuminazione, è cercato e voluto. Stando alle interpretazioni, in effetti, tale stato eccelso altro non sarebbe che la fusione della saggezza soggettiva con la realtà oggettiva, per il raggiungimento della piena comprensione del tutto.

Paragonato con quanto sopraddetto, viene quindi da chiedersi se tale interconnessione, tra l’interiorità e la sua esteriorizzazione, non sia a conti fatti il fine ultimo della lettura.

Probabilmente, non troveremo mai una risposta esaustiva a questa domanda e, chissà, forse è meglio così. In fin dei conti, è lì che risiede la magia di un libro.

Perciò, lasciamo all’arte il suo alone di mistero e continuiamo a goderci i suoi magnifici doni. Leggere basta e avanza.

Riguardo al perché… Che ognuno dia la risposta che preferisce.

Franco Battiato fra musica e poesia

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Franco Battiato, un autore che mescola musica e filosofia facendone poesia.

L’arte musicale, da sola, non basta per esprimere l’intera potenzialità di questo artista. Nei suoi testi, più attuali che mai, le parole sono così esuberanti, e cariche di melodia, da rendere superflua ogni sorta di base musicale.

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“Mr. Tamburino non ho voglia di scherzare, rimettiamoci la maglia i tempi stanno per cambiare” dice in Bandiera bianca, comprimendo in una frase gli ultimi decenni di una società, la nostra.

Ma è anche vero che le tempeste sono fatte per essere attraversate; che oltre la bufera c’è sempre il bel tempo e che la vita non avrebbe senso se non riservasse sorprese. E questo ce lo ricorda La stagione dell’amore.
La stagione dell’amore viene e va
i desideri non invecchiano quasi mai con l’età.
Se penso a come ho speso male il mio tempo
che non tornerà, non ritornerà più.
La stagione dell’amore viene e va
all’improvviso senza accorgerti
la vivrai, ti sorprenderà.Ne abbiamo avute di occasioni
perdendole; non rimpiangerle, non rimpiangerle mai.
Ancora un altro entusiasmo ti farà pulsare il cuore.
Nuove possibilità per conoscersi
e gli orizzonti perduti non si scordano mai.La stagione dell’amore tornerà
con le paure e le scommesse questa volta quanto durerà.
Se penso a come ho speso male il mio tempo
che non tornerà, non ritornerà più.

Una sfida per i lettori

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Sei un lettore con la L maiuscola?

Chissà… Magari sei uno di quelli che saprebbe rinunciare a una serata con gli amici, a una tanto attesa Prima tv, a un buon bicchiere di vino… e forse perfino alla Nutella… ma che dinanzi a un buon libro non riesce proprio a dire no.

Allora è sicuro che quando uno dei tuoi autori preferiti annuncia l’uscita di un nuovo libro, non ci sono scuse che tengano. Tu lo devi avere, costi quel che costi. Perché il legame che vi lega è un accordo sancito da tempo tra te che leggi e lui che scrive. Insomma, si tratta di soddisfare un desiderio, per cui non ragioni di testa, ma di pancia.

Eppure scommetto che anche tu, davanti a un autore sconosciuto, vivi gli stessi identici conflitti di tutti gli altri. Di colpo il lettore accanito che è in te si cala nei panni del più classico degli acquirenti. Così, ammesso che la copertina e la quarta di copertina ti siano congeniali, valuti il prodotto, leggi qualche pagina come chi sbircia dalla finestra. Ma mentre una parte di te spera di imbattersi in una buona storia, ce n’è un’altra, più inconscia, che va a caccia di un elemento dissonante, di un motivo per dire no, così da riporre il libro sullo scaffale.

Perché questo? Temi forse di spendere soldi a vuoto o di restare con l’amaro in bocca? O peggio ancora, di buttare via il tuo tempo? Tutti motivi validi e plausibili. Ma basta questo a influenzare la tua scelta? Non credo.

Io di solito spendo 2 o 3 euro al giorno in caffè e… anche se lo stomaco a volte si lamenta… non ci bado poi tanto. Però se mi capita di spendere anche un solo centesimo per un libro che non mi soddisfa, ci rimango male parecchio. Penso che la regola valga anche per te. Magari non sarai un caffeinomane, ma avrai di certo i tuoi vizi, qualche futile piacere, più o meno costoso, che non sei disposto a negarti.

Questo per dire che a far infuriare un lettore deluso, non sono poi i soldi buttati (tanti o pochi che siano), quanto ciò che rappresentano in quel preciso momento. E cioè una promessa disattesa. Quando decidi di dar fiducia a un autore di cui non hai mai letto nulla, è perché questo in qualche modo è riuscito a coinvolgerti, a convincerti che tra le pagine del suo libro potrai sognare e viaggiare di fantasia. E se ciò non avviene, quello che segue non è solo un brutto risveglio, ma qualcosa che ti scava dentro e lascia un vuoto. Un po’ come prenotare una settimana alle Maldive e sentirsi dire all’ultimo minuto che la prenotazione è saltata. L’agenzia di viaggi potrà restituirti i soldi, ma non ciò che hai perso. Un’aspettativa infranta non ha prezzo.

È dopo queste considerazioni che ho deciso di scrivere L’ultimo giro, una storia breve che puoi scaricare Gratis da qualsiasi Store online.

Sia chiaro. Non è un regalo, ma una sfida per entrambi.

Nessuno fa niente per niente e il mio scopo è che tu legga il mio romanzo, L’ombra del castigo. Voglio lasciarti libero di sbirciare nel mio mondo, di intravedere una favola al di là dell’orizzonte, ma solo per intrappolarti nella rete.

Te la senti di giocare questa partita?

Se accetti la sfida, scarica e leggi l’ebook gratuito. Forse scoprirai che non merito la tua attenzione e in quel caso potrai accantonare la lettura senza aver perso nulla. Ma se sarò stato abbastanza bravo da suscitare le tue emozioni, e sempre ammesso che il genere giallo-thriller rientri nelle tue corde, ricambia con un pizzico di fiducia. Prova a saltare il fosso della diffidenza e acquista L’ombra del castigo. Iscriviti alla newsletter per tenerti aggiornato sulle prossime uscite ed eventuali promozioni. Lascia un commento per farmi conoscere la tua opinione. E soprattutto… se ti rispecchi almeno in parte in quanto detto finora… condividi l’articolo e lancia anche tu la tua sfida.